Pane, Amore e Glutine

Oggi parliamo farine, dato il grande interesse che ogni giorno suscitano e l’alone di confusione che spesso le accompagna. In questa prima parte parleremo di due manifestazioni cliniche oggi molto conosciute, attorno alle quali si è creata, credo, un po’ di confusione, per la non chiara spiegazione che a volte l’operatore sanitario non dedica all’utente.

Distinguiamo innanzitutto la CELIACHIA dalla GLUTEN SENSITIVITY (INTOLLERANZA AL GLUTINE), in quanto rappresentano due quadri clinici spesso sovrapponibili ma ampiamente differenti, e sui quali si compiono spesso errori di interpretazione da parte del consumatore, e a volte anche da parte del medico.

Ma che cosa è il GLUTINE?

È un complesso proteico che si origina dal contatto della farina, che contiene amido (64%-74%) e proteine (9% -15%), principalmente glutenina e gliadina.

Dalla lavorazione si ottengono quindi tre tipi di impasto:

  • gliadine, che si deformano e si estendono come un fluido;
  • glutenine, che si oppongono alla deformazione;
  • glutine, deformabile ma tenace.

Nella struttura del glutine rimangono intrappolati i granuli di amido della farina ed i gas che si sprigionano durante la lievitazione, diventando così la struttura portante di pane, pasta, pizza, biscotti, che noi consumiamo già confezionati.

In definitiva è bene chiarire che la CELIACHIA non è una malattia nel senso stretto del termine, ma una situazione che si manifesta a seguito di una predisposizione genetica e al contemporaneo consumo di alimenti contenenti glutine, quindi si manifesta, a differenza di una malattia conclamata, solo se si associano una predisposizione genetica presente dalla nascita, all’assunzione di determinati alimenti contenenti una sostanza che ne manifesta clinicamente segni e sintomi, altrimenti silenti.

La Celiachia, in realtà, può manifestarsi anche in età adulta in maniera conclamata, avendo spesso per anni una manifestazione subdola, che spesso si confonde con segni clinici vaghi.

Sembrerebbe che un contatto casuale con un virus (Rotavirus), possa determinare lo scatenamento della malattia conclamata, fino ad allora silente, così come anche un continuo sottoporsi a stress fisici o psichici.

Ecco allora che nel soggetto si possono manifestare cefalea e malessere generale, ansia, irritabilità, depressione, colite, gonfiore addominale, aftosi, dermatite, fino a quadri clinici più gravi di ipotiroidismo, diabete, alopecia.

Non voglio spaventarvi, ma come vedete molti segnali che spesso ignoriamo diventano spiegabili, anche perché si ritiene che circa 500.000 degli Italiani ci convivano senza esserne a conoscenza, quindi solo l’1% della popolazione totale, un soggetto su cento.

Ma come facciamo a sapere se siamo anche noi celiaci? Innanzitutto, uno o più segni tra quelli citati, se presenti costantemente e da lungo tempo, dovrebbero spingerci a sospettare di esserlo, soprattutto se siamo consumatori costanti di alimenti contenenti glutine (ne parleremo nel prossimo articolo) e a questo punto il mio consiglio è di richiedere al vostro medico di prescrivervi dei test specifici di laboratorio, senza i quali non possiamo essere certi di presentare malattia celiaca.

Si effettuano dei test da campione di sangue dove si ricercheranno Anticorpi antigliadina, (AGA, in realtà non molto affidabile ), Anticorpi anti-endomisio (EMA , molto più attendibile),e la transglutaminasi anti Tissutale (tTGA , la più usata).

Soggetti con elevati titoli anticorpali hanno probabilità di oltre il 95% di essere celiaci, anche se in ultima analisi la sola biopsia duodenale determina con assoluta certezza la diagnosi di Celiachia, anche se tale esame comporta un costo davvero eccessivo a carico del S.S.N.

Ben diversa situazione è invece la GLUTEN SENSITIVITY, che presenta un quadro clinico apparentemente simile, ma che non è legato a difetti genetici, né presenta titoli anticorpali mossi, e che ora cerco di spiegarvi.

La SENSIBILITA’ AL GLUTINE è una reazione nei confronti del glutine non di natura immunitaria né allergica, anche se alla base di tale disturbo sembrerebbe esserci una risposta immunitaria abnorme nei confronti del glutine.

In Italia colpisce circa 3 milioni della popolazione, quindi ricopre una percentuale maggiore degli Italiani rispetto alla celiachia.

Perché si manifesta o per lo meno perché sempre più soggetti manifestano i sintomi della Gluten Sensitivity?

Il fattore scatenante sarebbe rappresentato da un eccessivo utilizzo di grani “iperconcimati “, con quantità di glutine superiore del 12 % rispetto al normale, frutto della variata modalità di coltivazione, ahimè..

I sintomi della Gluten Sensitivity sono molto simili a quelli della celiachia, con obesità, acne, emicrania, depressione, nausea, dispepsia…

La Gluten Sensitivity viene diagnosticata in quei soggetti una volta ritenuti presentare un disturbo psicosomatico disfunzionale o colon irritabile, quando si ha una reazione al glutine immediata, nell’arco di poche ore, o al massimo di giorni, tra l’introduzione delle sostanze sensibilizzanti e l’insorgenza di sintomi.

Tali soggetti manifestano totale remissione dei sintomi con dieta a nullo contenuto di glutine, e la ripresentano ogni volta che si reintroduce glutine.

Gli esami di laboratorio non mostrano titoli anticorpali mossi, salvo a volte quelli antigliadina, ma ciò non è sufficiente per porre diagnosi di Gluten Sesitivity, diagnosi che può essere posta introducendo semplicemente una dieta priva di glutine alla quale dopo 5- 10 giorni segue una remissione della sintomatologia, e una ricomparsa alla sua reintroduzione.

In genere sarà sufficiente una dieta totalmente priva di glutine per 3 mesi per ridurre a zero la sintomatologia, cui farà seguito una progressiva, lenta reintroduzione di farine contenente glutine, che dovranno però essere presenti in quantità minima, o sostituite da farine prive di glutine o con una percentuale di glutine dichiarata inferiore al 12%, il che risulta di facile reperibilità, basterebbe utilizzare farine così dette di Grani Antichi, che rivestono una categoria di farine selezionate per tipologia di coltivazione e loro processo di produzione.

In alternativa alle farine una buona regola sarebbe quella di introdurre nel consumo giornaliero, una quota di “pseudo- cerali,” ossia ovvero i cereali non facenti parte della famiglia delle Graminacee, NON contenenti glutine, quindi riso, riso integrale, mais, quinoa, teff, miglio, amaranto, grano saraceno.

La grande differenza di questi prodotti rispetto alla maggior parte dei cereali è l’assenza di glutine: ciò li rende molto interessanti come alimenti da utilizzare anche quotidianamente in caso di celiachia o di gluten sensitivity.  Sono ottimi in caso di celiachia, contengono più fibre, più minerali e più proteine. Inoltre tra i vantaggi di questi pseudocereali troviamo la scarsa raffinazione a cui sono sottoposti e ciò consente di mantenere inalterate alcune sostanze nutritive che invece sono perse o distrutte con i processi di raffinazione eccessivi a cui sono sottoposti altri tipi di cereali come il frumento. Vantano anche una quantità e qualità proteica superiore a quella di altri cereali e contengono più fibra, più minerali e più grassi insaturi. Nello specifico amaranto, quinoa e grano saraceno apportano una quantità maggiore di lisina, un aminoacido essenziale che il nostro corpo non è in grado di sintetizzare autonomamente. In relazione al maggiore contenuto di fibra, questa ha un ruolo fondamentale nel migliorare la funzione intestinale, nell’aumentare il senso di sazietà post prandiale e nel ridurre il carico glicemico dell’intero pasto.

 

Non è eliminando il glutine che si perde peso, piuttosto è regolando il giusto apporto di cereali e la loro selezione in base alle esigenze personali, che si mantiene un’alimentazione corretta, bilanciata e salutare.

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